In questa pagina puoi trovare tutte le recensioni sul mio romanzo “L’ultimo cantore d’Irlanda”.
Vasta è la mia fama quanto lo è il cielo. Io sono il migliore riguardo la potenza del mio dito, nessuno mai potrà trovarsi a competere con me.
Turlough O’Carolan
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Recensione di Vincenza Musardo Talò
La narrativa italiana, con questo ulteriore lavoro di Giuseppe Marino, si arricchisce di un contributo valido, teso soprattutto a veicolare un singolare e interessante aspetto della cultura irlandese di età moderna ma ancorata a suggestivi elementi e figure, preesistenti al fenomeno della romanizzazione del mondo anglossassone. Trattasi di un romanzo breve o di un racconto lungo, come dir si voglia; ma non importa come definire questa fascinosa storia, legata alla specificità della cultura etnica del popolo irlandese; l’Autore, sul filo dei miti gaelici e delle leggende degli antichi Celti, ricostruisce, in maniera verosimile, ambienti ed eventi entro cui trova la sua giusta collocazione la vicenda esistenziale del protagonista, il cieco Turlough O’Carolan, poeta errante, compositore e arpista d’eccezione. Continua qui
Recensione di Francesca Paola Simon

Recensione di Mariella Eloisia Orlando
Un viaggio condensato in 13 capitoli, narra dell’ultimo bardo d’Irlanda, Turlough O’Carolan, arpista e poeta itinerante realmente vissuto nell’Irlanda del 1700. O’Carolan nacque a Nobber, nella contea di Meath. All’età di 14 anni si spostò con la sua famiglia a Ballyfarnan, nella contea di Roscommon, dove suo padre andò a lavorare presso la famiglia MacDermott Roe. La sig.ra MacDermott gli diede la possibilità di istruirsi. Da subito emerse il suo talento poetico. Il vaiolo lo rese cieco all’età di 18 anni. O’Carolan studiò arpa per tre anni, poi presi un cavallo e una guida cominciò a percorrere l’Irlanda, da un capo all’altro, componendo canzoni per i nobili. Ha praticato il mestiere di arpista itinerante per 50 anni. Celebrato già in vita, più come poeta che come compositore, morì nella casa del suo benefattore McDermott Roe nel 1738. Il testo nasce proprio dalla biografia di quest’uomo e racconta gli ultimi tre anni della sua vita in maniera scorrevole e coinvolgente. Continua qui
Recensione di Milena Schirano

Recensione di Sabina Sirsi
Un fiume, le cui acque sempre in movimento, nascondono il suo letto, ma in alcuni momenti lo lasciano intravedere. Giuseppe Marino ha incontrato l’arte di Turlough O’Carolan e da quell’incontro ne e’ nato un romanzo. Uno scrittore che incontra un musicista, il linguaggio narrativo che incontra quello musicale. L’arte, quindi, che incontra l’arte non per sommarsi ne’ per risolversi, ma per elevare all’ennesima potenza il caos. Quel chaos di cui parlavano i Greci non intendendo il disordine ma lo spalancamento, l’apertura. Giuseppe Marino operando un a-topia ci porta fuori per incontrare una dimensione temporale lontana da quella che noi abitiamo e quindi diversa, senza tuttavia provocare fratture ne’ lacerazioni anzi, gettando un ponte tra la nostra epoca e quella di O’Carolan. Continua qui
Recensione di Elena Ferro
La storia mi è piaciuta, c’è una ricerca storica ed etnografica molto attenta e la narrazione ti porta immediatamente tra le lande verdi e piovigginose d’Irlanda. La storia del bardo più famoso e leggendario è interessante, mi ha riportato all’epica greca di Omero, cieco anche lui. Il viaggio di O’Carolan e del suo scudiero è la pacifica resistenza al tentativo di sottomissione e omologazione degli inglesi nei confronti del popolo irlandese. La musica, la religione, il druidismo, sono tutti aspetti che rivendicano una specificità che non vuole morire. Come il bardo, che per farlo torna là dove era partito. Perché non c’è cosa che valga di più della terra in cui siamo nati e della musica che essa ci richiama alla memoria.
La storia delle persecuzioni inglesi contro i residenti dell’isola poi sono un monito per i nostri giorni sempre valido.
Una lettura consigliata. Continua qui.
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